Strategie di difesa del pianeta: la minimizzazione della plastica

Poniamo il caso oggi volessimo essere affetti da una parziale, ma lucida filantropia: si riempie, a livello internazionale europeo, il vuoto legislativo circa la riduzione del consumo di plastica. Consumo, che si sostanzia dalla produzione alla commercializzazione.

Non si è mai tenuto conto, finora, dell’imprescindibile esigenza della protezione ambientale. Ecco le conseguenze: ogni anno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani. Ad oggi, si stima che ve ne siano almeno 150 milioni nei mari del globo.

La plastica è un prodotto petrolifero, ed è molto interessante assistere a una sua compressione nel volume in circolo come obiettivo da perseguire entro il 2027. La notizia rende speranza rispetto al tema così caro della sopravvivenza della specie umana sul pianeta.

Uno scellerato sovra-sistema economico, fatto di neoliberismo selvaggio, privo di regole, ha prodotto la disastrosa situazione odierna. Ma è consapevolezza condivisa l’insostenibilità del sistema dato. Va applicata invece una razionalità ecologica, come ci indica John Dryzec, tale per cui la tutela dell’ambiente dev’essere il massimo comune denominatore di riferimento. È un passo che la politica internazionale doveva pur compiere. Tanto gioverà al pianeta, nella misura in cui cambierà di pari passo l’animus dell’uomo moderno, illuso di poter dominare la natura, prevaricandola e abusandone.

Una forma di uomo post-moderno grida che l’istanza della difesa dell’ambiente supera per priorità tutte le altre, e indica quell’ambiente naturale come capace di rendere l’energia che l’uomo cerca, in chiave sostenibile, in forme rinnovabili, non impattanti.

Sappiamo tutti che i cicli di decomposizione della plastica sono secolari. Dove infileremo tutta questa plastica da buttare? Secondo lo studio “The New Plastic Economy” sul “World Economic Forum” entro il 2025 ogni 3 tonnellate di pesce, uno sarà di plastica. La bruceremo, direbbe qualcuno, ma ugualmente, sono noti gli effetti negativi sulla qualità dell’aria e sull’aumento dei gas-serra. Dunque, non la bruceremo, o solo una sua piccola parte, ma rischieremo di inquinare lo spazio, che resta l’alternativa più accreditata. È in atto un circolo vizioso, per il quale ci stiamo preparando un’ecatombe ecologica di cui siamo i soli responsabili.

La soluzione che si prospetta è una drastica minimizzazione dell’uso della plastica, laddove possibile. Per ottenere ciò occorre una rivoluzione culturale espansa su ogni continente, con un occhio di riguardo a quelle potenze in crescita, come la Cina e l’India, che per raggiungere standard di vita occidentali riescono a far peggio o uguale all’Europa del boom del secolo scorso. Linee guida dovrebbero essere proposte e conseguite da quel mondo occidentale di riferimento che è l’U.E. e l’U.S.A.

Ed eccola, una linea guida autorevole scandita dall’U.E.: la prova che un futuro di politiche più razionali è possibile. La direttiva stabilisce:

  • per quanto riguarda le bottiglie di plastica, si dovrà riciclare almeno il 90% entro il 2029, con un target intermedio del 77% al 2025;
  • l’obbligo, a partire dal 2024, di avere il tappo attaccato alla bottiglia per evitare che questo si disperda con facilità;
  • l’introduzione di un contenuto minimo di materiale riciclato (almeno il 25% entro il 2025 e il 30% al 2030) nella produzione di bottiglie di plastica per favorirne così la raccolta differenziata;
  • per gli attrezzi da pesca, gli Stati devono definire dei target nazionali di raccolta e adottare dei piani di monitoraggio per verificarne il raggiungimento.

Il regime di responsabilità estesa del produttore (EPR) include anche i produttori di sigarette e di attrezzi da pesca che – ricorda Legambiente – sono tra i rifiuti più trovati sulle nostre spiagge. La responsabilità estesa coprirà i costi della raccolta, della rimozione dei rifiuti e delle misure di sensibilizzazione, con la possibilità di accordi volontari tra produttori e autorità nazionali.

Forse un’era diversa sta cominciando. In questa che verrà c’è sempre meno spazio per la plastica, quello spazio sufficiente coperto dall’esclusiva necessità, e ci si renderà conto che essa è minima rispetto all’uso del giorno d’oggi.

Michelangelo Sabatiello

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna su