L’arpa di Viggiano per alleviare il Mal d’Agri

Vedete que’ giovani robusti vestiti di panno cilestro coll’arpa sul dosso, o fra mani il violino, che a piccole bande di tre o quattro al più, seguiti da un fanciullo il di cui strumento è un triangolo d’acciaio, giungono nelle città e fan risuonare le strade e le osterie di teneri e lieti concenti? Essi vengon di Viggiano picciola terra della Basilicata.
Cesare Malpica, Costumi – I Viggianesi, in “Poliorama pittoresco”, vol. 1 (1836), p. 405.

Viggiano, piccolo paese lucano della Val d’Agri, è oggi tristemente noto ai più soprattutto per gli illeciti processi di estrazione petrolifera e i danni da essi causati. Eppure, un tempo i Viggianesi erano indicati come que’ giovani robusti che trasportano arpa e violino.

Per fortuna, dove qualcuno semina mali e oscurità, qualcun altro cerca di allontanare le nubi attraverso la leggerezza della musica e la magia di uno strumento antichissimo, introdotto probabilmente dai monaci basiliani: l’arpa.

Sin da quando l’arpa si diffuse più ampiamente in paese, verso la prima metà del XVIII secolo (stando alle testimonianze), fu un vero e proprio strumento di salvezza. Se oggi lenisce i mali e combatte strenuamente i veleni, in passato, salvava dalle ristrettezze economiche i musicisti che partivano in cerca di fortuna, di nuove prospettive e, chissà, di un riscatto sociale – in un Sud considerato barbaro e selvaggio.

Studiavano meticolosamente fin da piccoli. Non che ci fosse una vera e propria scuola. Essi apprendevano in famiglia, ereditando le conoscenze da un padre o da un fratello, che a loro volta avevano sviluppato una sensibilità musicale tale da riuscire a suonare l’arpa a orecchio.

Furono molti quelli che, durante il Novecento, portarono le loro melodie nelle maggiori piazze europee, americane e persino australiane, per poi tornare a casa, sugli appennini, ricolmi di ricchezze. Il rientro in patria dei musicanti girovaghi contribuiva quindi al forte progresso della comunità viggianese, sia di tipo estetico, con il rifacimento di palazzi e portali, sia di tipo economico e culturale.

I suonatori d’arpa si riunivano in compagnie di 3 o 4 elementi ed eseguivano un repertorio molto variegato, composto soprattutto dalle più celebri arie dell’opera italiana, da canzoni folkloristiche e napoletane.

L’arpa diatonica di Viggiano era realizzata da abili artigiani, ebanisti in particolare, ed era definita portativa perché leggera e maneggevole, costituita da meno di venti corde. Oggi è difficilissimo trovarne una antica e anche operare restauri a causa del legno che si logora, nonostante la bravura dei liutai. Un esemplare dell’Ottocento è conservato al Comune.

Ogni estate in paese si tiene la Rassegna dell’Arpa Viggianese, un appuntamento che raccoglie artisti da tutto il mondo. Quest’anno si terrà dal 2 al 5 agosto, nella costante speranza che la musica, magari quella delle corde di un’arpa, diventi l’unica ricchezza possibile e guarisca dai veleni.

Maria Rosaria Cella

In copertina: Viggianesi, disegno di Molino pubblicato a corredo del citato articolo di C. Malpica, 1836-1837.

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